Tratto da LSD Magazine.

Photo Credit ScienceDirect.

I ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) pubblicheranno presto un documento che descrive una proof of concept di tessuti vegetali coltivati ​​in laboratorio, come il legno e le fibre, utilizzando un approccio simile. La ricerca è agli inizi, ma è una grande visione. L’idea è di evitare miliardi di alberi abbattuti, e “coltivare” biomateriali anziché strappargli al pianeta.

“Per fare un tavolo ci vuole un fiore” cantava Sergio Endrigo. Oggi, per fare il legno in laboratorio, niente alberi abbattuti.

Considerate un normale tavolo di legno: nel corso degli anni, uno o più alberi hanno convertito la luce solare, i minerali e l’acqua in foglie, legno, corteccia e semi. Raggiunta una certa dimensione, sono stati abbattuti e trasportati in una segheria per essere diventare legname. Il legname è stato, poi, trasportato in una fabbrica o in una falegnameria, dove è stato tagliato, modellato e assemblato.

Ora, immaginate che l’intero processo avvenga nello stesso momento e nello stesso luogo.

Un legno coltivato in laboratorio, senza alberi abbattuti, solo con le fibre che servono al momento (senza semi, foglie, cortecce o radici). Un legno che può essere manipolato in anticipo per avere le proprietà desiderate, e stampato direttamente in forme: ad esempio, un tavolo da cucina.

Legno in laboratorio: pochi sprechi, poco inquinamento

Ovviamente, la tecnica non si limiterebbe a un tavolo. Altri prodotti potrebbero essere realizzati, con altri biomateriali. In teoria, e su larga scala, il processo sarebbe più efficiente, meno dispendioso e salverebbe molte foreste.

Questa è la visione. Ma prima, i ricercatori devono capire se è anche fattibile.

L’autrice principale dello studio è una dottoranda in ingegneria meccanica del MIT di nome Ashley Beckwith. Ashley dice di essere stata ispirata dal tempo trascorso in una fattoria: dal punto di vista di un ingegnere, un mondo pieno di inefficienza.

Ha ragione. Dopo tutto, il tempo e le stagioni sono fuori dal nostro controllo. Usiamo la terra e le risorse per coltivare piante intere, ma ne usiamo solo pezzetti per cibo o materiali.

«Questo mi ha fatto pensare: possiamo essere più strategici su ciò che stiamo ottenendo da questo processo? Possiamo ottenere più rendimento?», afferma la Beckwith in un comunicato del MIT sulla ricerca.

«Volevo trovare – continua Beckwith – un modo più efficiente per utilizzare la terra e le risorse, in modo da poter lasciare che più aree coltivabili rimanessero selvagge, o per mantenere una produzione inferiore ma consentire una maggiore biodiversità».

Per fare un tavolo (di legno in laboratorio) ci vuole un fiore

Per testare l’idea, il team ha preso delle cellule dalle foglie di una pianta di Zinnia elegans e le ha nutrite con un mezzo di crescita liquido. Dopo che le cellule sono cresciute e si sono divise, i ricercatori le hanno collocate in uno “stampo” di gel e hanno immerso le cellule in ormoni.

Forse vi starete chiedendo cosa hanno a che fare le cellule delle zinnie, piccole pianta in fiore, con il legno.

Le zinnie, da cui è tratto il materiale vegetale per il legno in vitro.

Ebbene, come detto, le loro proprietà possono essere “regolate” come le cellule staminali per esprimere gli attributi desiderati. Gli ormoni auxina e citochinina hanno indotto le cellule di zinnia a produrre lignina, il polimero che rende il legno solido. Regolando le loro manopole ormonali, il team è stato in grado di regolare la produzione di lignina. Lo “stampo” in gel, una vera e propria struttura, ha indotto, poi, le cellule a crescere in una forma particolare.

Il processo di crescita e le cellule prodotte.

Mobili da coltivare

«L’idea non è solo quella di adattare le proprietà del materiale, ma anche di adattare la sua forma sin dal concepimento», dice Luis Fernando Velásquez-García, coautore del paper con Ashley Beckwith.

Il laboratorio di Velásquez-García lavora con la tecnologia di stampa 3D e vede la nuova tecnica come una sorta di produzione additiva, in cui ogni cellula è una stampante e l’impalcatura di gel dirige la loro produzione. Sebbene sia ancora presto, il team ritiene che questo studio dimostri che le cellule vegetali possono essere manipolate per produrre un biomateriale con proprietà adatte per un uso specifico. Serve, ovviamente, molto più lavoro per portare l’idea oltre la prova di concetto.

Le cose crescono

I ricercatori devono ora capire se ciò che hanno appreso può essere adattato ad altri tipi di cellule. Le “manopole ormonali” possono differire da specie a specie. Inoltre, l’aumento di scala risolve il problema degli alberi abbattuti, ma richiede la risoluzione di problemi come il mantenimento di un sano scambio di gas tra le cellule.

Tutto normale.Le prime ricerche rispondono alla domanda fondamentale: vale la pena approfondire questa idea? Spesso, in questa fase si lasciano senza risposta domande chiave, come costi e scalabilità.

Bioingegneria e produzione, strade destinate a incontrarsi

Che questa particolare visione che punta al legno senza alberi abbattuti raccolga o meno consensi, vedere le cellule come fabbriche in miniatura non è una novità. Sempre più spesso, i mondi della bioingegneria e della produzione si incontrano. Le celle ingegnerizzate vengono già messe al lavoro in contesti industriali.

Lo scorso autunno, un marchio di abbigliamento giapponese ha offerto un maglione in edizione limitata (ed estremamente costoso) realizzato con il 30% di fibre prodotte da batteri geneticamente modificati coltivati ​​in un bioreattore.

Lungo la strada, è possibile che non solo costruiremo mobili, ma li coltiveremo anche. E addio alberi abbattuti.