Esistono confini formali, quelli tracciati dalla storia, e confini idealmente definiti dall’appartenere a un certo mondo e dal condividere tradizioni, abitudini e modi di vivere: è questo il caso di Madesimo, un comune della Valchiavenna, in provincia di Sondrio.
Con circa seicento abitanti, questo paesino di montagna si trova a 1550 metri sul livello del mare e dista solo cinque chilometri dal Passo dello Spluga, il valico che mette in comunicazione la vallata italiana con la Confederazione Elvetica.
La strada ripida, che unisce Madesimo al fondovalle, ne è la metafora: questa comunità è sicuramente più legata a una visione delle Alpi come ambito sovranazionale che non alla sua nazionalità ufficiale.
Un leitmotiv che si ritrova anche nell’opera di Enrico Scaramellini.
Non si tratta di snobbismo d’alta quota, quanto della consapevolezza che gli svizzeri possono insegnarci molto: in primo luogo, che l’architettura contemporanea in montagna è una risorsa culturale con delle ricadute economiche positive. E poi: costruire, rispettando una certa qualità formale e materica, equivale a difendere il paesaggio, un tema importante in quelle aree montane che ormai vivono esclusivamente di turismo.
Scaramellini sostiene una via contemporanea per l’architettura alpina, ma si scontra ogni giorno con i sostenitori della tradizione vernacolare.
Gli architetti moderni, in montagna, hanno sempre avuto vita difficile: anche Carlo Mollino fu contestato dagli abitanti del Breuil quando costruì la Casa del Sole. Scaramellini lotta contro i luoghi comuni, ma anche contro le disposizioni di legge: Madesimo, infatti, risulta soggetta ai vincoli imposti dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Regione Lombardia. Nel suo progetto più recente – un micro-rifugio sopra l’abitato di Madesimo – Scaramellini dribbla i paletti imposti dalla Soprintendenza, adottando un approccio più simile a quello di un designer.
Incastona in una porzione di baita – un edificio in linea che appartiene a differenti membri dello stesso gruppo familiare e che si trova in mezzo alle piste da sci – una sorta di scatola lignea di 35 metri quadrati. La sua facciata è un intarsio di pannelli in legno composta come fosse una scacchiera, ma che si apre rivelando una grande finestra sul paesaggio montano: Scaramellini definisce il microrifugio “un guardaroba nel paesaggio”.
L’architetto di Madesimo ha incontrato, quindi, un committente con una mentalità non comune: un dentista originario del luogo che, d’inverno, può raggiungere il micro-rifugio solo con una motoslitta e che, contro l’opinione di tutti i suoi familiari, ha acconsentito a trattare il prospetto con una finitura color argento: una composizione astratta che assume un aspetto cangiante in relazione alle diverse condizioni meteorologiche.