L’atipico architetto torinese Paolo Soleri ha passato la sua vita ad immaginare mondi utopici, sognando una città perfetta. In Arizona ha realizzato il suo grande progetto, avviato negli anni Settanta e ancora in evoluzione.
In Arizona, nella Paradise Valley, a circa 100 chilometri da Phoenix, c’è un posto magico. Incredibili forme colorate, cupole e strutture terrazzate escono dal terreno semidesertico, un quadro antico di un futuro immaginato: Arcosanti è la concretizzazione di un’utopia che nasce dalla mente dell’architetto e urbanista torinese Paolo Soleri, e vede la sua realizzazione a partire dal 1970. Soleri, allievo di Frank Lloyd Wright, con il supporto di numerosi volontari, ha progettato e costruito Arcosanti, la sua città. Essa nasce dall’applicazione della filosofia di questo architetto sognatore, da lui denominata “arcologia”, una teoria utopica, ma, allo stesso tempo, incredibilmente anticipatrice e precursore delle tendenze contemporanee di progettazione sostenibile e attenta all’ambiente.
La “arcologia”, crasi di architettura ed ecologia, mira a ritrovare un legame con la natura e con il luogo stesso, la creazione di una comunità che realizza la propria città-laboratorio e che parte dalla propria sostenibilità.
«Il concetto di arcologia racchiude in sé l’idea della necessità di un cambiamento di coscienza e di atteggiamento – la percezione del fatto che il nostro attuale modo di vita è, probabilmente, non sostenibile e forse persino non etico (…). Qui, dove vita e lavoro sono una sola cosa, non puoi isolare l’uno dall’altro. In molti aspetti, le persone che stanno lavorando qui sono eroi.»
Paolo Soleri, laureato in Architettura al Politecnico di Torino nel 1946, si trasferisce, dopo gli studi, negli Stati Uniti, dove inizia a lavorare nello studio di Wright, che lascerà poi per le consistenti divergenze di vedute, specialmente in tema di urbanistica. Il maestro americano, infatti, aveva teorizzato il concetto di Broadacre City, una città disegnata che prevedeva l’equa suddivisione del territorio fra le famiglie locali, descrivendo meticolosamente l’organizzazione dei trasporti, dell’agricoltura e del sistema commerciale per supportare la sua teoria. Per Soleri questa filosofia era inaccettabile, in quanto applicava una visione estensiva della città che non riusciva a immaginare un confine per essa. Nella visione di Soleri, applicata poi ad Arcosanti e sviscerata nel volume Arcologia: la città ad immagine d’uomo, si ricorre a soluzioni per comprimere e compattare le strutture urbane verso il tridimensionalismo e combattere l’espansione urbana in maniera incontrollata.
Questo sogno fantascientifico finirà per somigliare, negli iperbolici disegni di Soleri, a città coperte da cupole e somiglianti ad alveari umani, che, nel pieno del boom dell’architettura radicale, avrà molto successo. Era un periodo in cui la realtà del progresso, del consumo e della pubblicità aveva già cominciato a risultare troppo presente e incalzante per alcuni, e Soleri si inserisce coerentemente all’interno di questo movimento, con strutture azzardate e futuristiche.
È importante, però, sottolinearne gli aspetti più avanguardisti di riflessione sull’impatto dell’impronta umana sullo spreco delle risorse, sul risanamento del territorio e sull’eliminazione della maggior parte del trasporto privato a vantaggio di quello pubblico.
La città di Arcosanti, infatti, è progettata per autoalimentarsi e autogenerarsi, in uno scambio continuo con la natura: per dire, è un luogo in cui, sin dai primi anni di vita, le automobili erano vietate, proprio quando tutti desideravano possederne una, e gli spostamenti si sono sempre misurati in minuti di cammino.
Lo schema funzionale della città di Arcosanti si basa sulla realizzazione di un landscape progettato su terrazzamenti e la costruzione di due grandi strutture per circa 5000 abitanti (ora ne risiedono poco meno di 100, ma ospitano costantemente un buon numero di turisti). Le costruzioni, realizzate in cemento, sono gettate in opera solo parzialmente: la maggior parte degli elementi è realizzata con il metodo della formatura a terra, che sfrutta l’argillosità del terreno semidesertico dell’Arizona per creare le forme all’interno delle quali viene gettato il cemento. Una volta induriti gli elementi cementizi, essi possono essere assemblati in strutture anche molto complesse. L’architettura di questo luogo esalta la percezione con forme morbide alla vista e al tatto, con accostamenti audaci di colori e, talvolta, con l’aggressività delle forme.
Il progetto, realizzato parzialmente e, comunque, ancora in lenta evoluzione, ha richiesto numerosi compromessi, primo fra tutti quello economico, provando a sfruttare, dove possibile, sistemi autonomi di sostentamento a tecnologie “pulite”, e ottimizzando la qualità dell’architettura in base alle condizioni climatiche esterne con studi sull’ombreggiamento e sulla ventilazione degli edifici. È un organismo che ha cercato di adattarsi alla natura che lo circonda.
Arcosanti è un progetto unico, oltre che fra i pochissimi realizzati dal visionario architetto torinese.